Una mia riflessione sui fatti dello stupro di Palermo.

Donne senza diritto! Triste storia di una violenza “senza ragione”.

Per quanto ci si sforzi di educare, uomini e donne al rispetto del corpo dell’altro, non si è raggiunto quel minimo di consapevolezza che serve a non compiere azioni che segnano per sempre la vita dell’altro ma anche la nostra. Quello che emerge dalle testimonianze raccolte e dalle intercettazioni sul caso dello stupro di Palermo, non è solamente la storia di una violenza che già da sola basterebbe a dire: “che schifo”… emerge purtroppo un quadro più inquietante che è quello relativo alla libertà personale di ogni singola persona, di poter dire si o no oppure di poter passare in serenità e divertimento una serata senza il rischio che qualcuno possa fargli del male, approfittando di una momentanea incapacità data da qualsiasi tipo di situazione, sia emotiva che psichica che alterata da qualsiasi altra situazione.

Troppo spesso sentiamo dire: “beh è pure colpa della ragazza, se non gli avesse dato confidenza e non avesse bevuto magari non succedeva”! Sentire certe frasi fa ancora più orrore che assistere alla violenza, poiché di fondo con questo atteggiamento stiamo in un certo senso deresponsabilizzando chi commette atti di abuso e violenza e colpevolizzando chi invece non ha assolutamente chiesto di essere abusata da un branco di esseri senza nessuna capacità se non quella di arrecare danno e offesa all’intero genere umano.

Ora, seguendo uno studio rivolto ad adolescenti italiani, il quadro che emerge è agghiacciante…riporto fedelmente:

“Le donne? È anche colpa loro”. È questa la convinzione espressa da quattro adolescenti su dieci. Ha risposto così alla domanda sulla violenza di genere il 56,8% dei ragazzi intervistati nel corso dell’indagine “Adolescenti e Stili di Vita”, condotta su un campione nazionale di 2654 liceali dal Laboratorio Adolescenza e Istituto Iard. “La donna è almeno in parte corresponsabile della violenza che subisce”, anche per il 38,8 per cento delle ragazze intervenute.

“Il dato è la dimostrazione che gli adolescenti sono ancora impregnati di una cultura dominante che cerca di minimizzare l’accaduto e deresponsabilizzare l’autore della violenza”. Tutto ciò ci fa capire come è ancora forte nella nostra società un certo tipo di comportamento machista e maschilista. Cosa si intende per “machismo”? Sono tutti quei comportamenti esageratamente e stupidamente “virili” che sottendono il fatto che la donna sia inferiore (fisicamente e/o psicologicamente). Il nostro stesso linguaggio e’ intriso di machismo e maschilismo: l’espressione che ho usato sopra “fare la femminuccia” ne e’ un chiaro esempio, così come la frase “avere le palle” per indicare forza caratteriale. E se ne potrebbero citare centinaia di altre. Ma anche solo soffermandoci sulle due frasi riportate risulta lampante un’equazione: donna=debole, uomo=forte. Il fatto stesso che questa mentalità sia permeata nel nostro linguaggio ci permette di capire quanto quest’ultima sia radicata e presente nel nostro immaginario comune.

Con queste premesse capiamo come il machismo possa fare veramente grandi danni a livello sociale e non solo nella sfera dell’individuo. Scrive la giornalista Isabella Poretti: L’incapacità di esprimere i propri sentimenti, o meglio, la repressione di questi porta inevitabilmente a uno squilibrio nel momento stesso in cui l’uomo si trova ad affrontare una situazione emotivamente difficoltosa. E talvolta questa abulia sentimentale si traduce in manifestazione di forza fisica: vera e propria sopraffazione dell’altro. La mentalità machista, assorbita e interiorizzata dal soggetto lo porta inoltre a credere veramente nella propria presunta superiorità e ad imporla alla donna. In nome di cosa? Del fatto che la donna e’ vista come una sprovveduta, vulnerabile e bisognosa di protezione. E l’uomo? L’uomo non ha e non può mai piangere, stare male ma soprattutto ammettere di avere delle debolezze. Pena, l’essere additato come femminuccia, gay, effeminato. Proprio questo atteggiamento in piccolo ha creato (e continua a creare) nel corso delle generazioni padri e mariti padroni anaffettivi, in alcuni casi veri e propri mostri violenti. Come possiamo fermare tutto ciò?

Fino a quando mancherà un livello di educazione accettabile e una coscientizzazione di massa, sarà un lavoro difficile e molte volte inconcludente, quello di offrire un appoggio a situazioni familiari dove la donna è da sempre vittima di abusi e di violenza perché addirittura, una volta convinta a sporgere denuncia, si può pentire e tornare a subire, piuttosto che affrontare la minaccia di vendetta e di abbandono del marito accusato.

Invece di intervenire per smembrare i nuclei familiari, bisognerebbe lavorare sull’educazione dei bambini maschi, che un giorno saranno uomini, ed educare i due sessi secondo un principio di uguaglianza e di rispetto reciproco.