ICTUS: COSA SUCCEDE AL CERVELLO.

L‘ictus cerebrale appartiene alla classe delle malattie neurovascolari ed è caratterizzato dalla comparsa improvvisa di segni o sintomi neurologici con disfunzione focale o globale, per una durata superiore a 24 ore o nella peggiore delle ipotesi con esito infausto.
Si distingue dall’attacco ischemico transitorio (TIA), la cui sintomatologia dura meno di 24 ore.
I sintomi dell’ictus dipendono dall’area cerebrale colpita. Il quadro neurologico generalmente dipende dall’arteria interessata, ma non sempre vi è una esatta correlazione.
In Italia l’ictus è la terza causa di morte, dopo le malattie ischemiche del cuore e le neoplasie; causa il 10-12% di tutti i decessi per anno e rappresenta la prima causa di invalidità.
Ogni anno si verificano in Italia circa 196.000 ictus, di cui il 20% sono recidive. Il 10-20% delle persone colpite da ictus cerebrale muore entro un mese e un altro 10% entro il primo anno dall’evento ischemico. Solo il 25%dei Pazienti guarisce completamente, il 75%sopravvive con una qualche forma di disabilità e di questi la metà è portatore di un deficit così grave da perdere l’autosufficienza.
Proprio per queste ragioni, è necessario, sia un intervento medico tempestivo, sia un intervento riabilitativo precoce, che costruisca il suo agire terapeutico tenendo conto del funzionamento del Sistema Nervoso e rispettando i tempi biologici del processo di recupero che sono differenti da soggetto a soggetto.
L’ictus provoca una lesione diretta in una o più regioni del tessuto cerebrale: in queste zone le cellule neuronali muoiono. Nel tessuto neuronale circostante si assiste alla formazione di un accumulo di liquido (edema), che provoca una diminuzione del flusso di sangue, quindi di ossigeno, anche a queste cellule non direttamente coinvolte. Insieme a questi eventi che riguardano la sede di lesione e le zone limitrofe, si verifica un effetto a distanza ed in relazione con la lesione stessa: la diaschisi.
La diaschisi è un fenomeno inibitorio, immediatamente successivo alla fase acuta di shock ed ha l’obiettivo di distinguere tra i sintomi delle lesioni cerebrali focali e gli effetti transitori che hanno prodotto e che sono attribuibili alla depressione di parti distanti del cervello collegate alla zona lesa.
Possiamo pensare che, durante questa fase, è come se il sistema nervoso “mettesse a riposo” anche quelle regioni cerebrali non direttamente coinvolte dalla lesione con uno scopo protettivo per il sistema stesso.
Questo stato di inibizione lascia gradualmente il posto ad uno stato di ipereccitabilità delle regioni cerebrali funzionalmente connesse alla sede della lesione primaria che ha lo scopo di ritrovare una comunicazione con i neuroni rimasti integri, in prossimità del focolaio di lesione e di creare delle nuove connessioni con altri neuroni, iniziando così a dare forma ai primi fenomeni di plasticità neuronale.
E’ di fondamentale importanza sapere che durante questa fase i primi circuiti neuronali a liberarsi sono quelli più semplici, cioè quelli che hanno bisogno di un numero minore di connessioni per comunicare. Un’ esempio di riattivazione di circuiti più elementali è la ricomparsa dei riflessi osteo-tendinei.
Questa nozione ha delle implicazioni importanti che devono essere prese in considerazione quando si inizia un percorso di riabilitazione post-ictus.
Il tempo impiegato dalla diaschisi per regredire totalmente è difficile da stabilire, basti pensare che alcune regioni del cervello posso impiegare più di un anno per uscirne. Possiamo dunque osservare come questi fenomeni avvengano nel cervello in tempi diversi, a partire dai giorni successivi all’evento ischemico.
Superata la fase di ipereccitabilità, il sistema nervoso centrale entra in una fase di normoeccitabiltà in cui l’attività neuronale si normalizza. Anche durante e dopo questa fase avvengono fenomeni di riorganizzazione neuronale, ovvero fenomeni di plasticità.
Sapere che, una volta conclusa questa fase di ripristino, nel sistema nervoso possano verificarsi riorganizzazioni plastiche ha una rilevanza fondamentale a livello riabilitativo e nel percorso di recupero. La possibilità di recuperare e di vivere modifiche positive rispetto la situazione di disabilità conseguente ad un ictus non ha, dunque, una “data di scadenza”, ma la qualità del recupero è legata, nel bene e nel male alla proposta terapeutica.
La Riabilitazione Neurocognitiva si avvale delle conoscenze sulla riorganizzazione del cervello dopo un ictus cerebrale per orientare il suo procedere riabilitativo verso la qualità più ottimale di recupero, lasciato organizzabile dall’evento lesivo.