Il “dolore” e la Riabilitazione Neurocognitiva.

Secondo la definizione della IASP (International Association for the Study of Pain) e secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) il dolore è “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, presente o potenziale, o descritta in termini di danno”.
Esso, però, non può essere descritto solamente come un fenomeno sensoriale, bensì deve essere visto come la composizione di una parte percettiva (che costituisce la modalità sensoriale che permette la ricezione ed il trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi per l’organismo) e di una parte esperienziale (privata e personale, che è lo stato psichico collegato alla percezione di una sensazione spiacevole).
Il dolore viene quindi esperito sia come una sensazione fisica, sia come esperienza emozionale, percepita a livello cognitivo come intensa sensazione spiacevole, sgradevole, di sconforto, che porta ad un comportamento reattivo.
Il dolore è quindi da considerarsi globalmente come esperienza multidimensionale, strettamente correlata alla dimensione affettiva e cognitiva e dipendente anche dalle esperienze passate, dalla struttura psichica e da fattori socio-culturali.
Il dolore, al pari delle altre modalità della sensibilità, quali la sensibilità agli stimoli tattili e pressori ed il senso di posizione, ha un ruolo importante all’interno della percezione del corpo e della sua relazione con l’ambiente esterno.
Esso è diverso dalle altre modalità informative in quanto presenta caratteristiche di urgenza e primordialità che sono anche in relazione con gli aspetti emozionali di ogni essere umano. La percezione del dolore è soggettiva ed è influenzata da numerosi fattori, è proprio questa variabilità che fa pensare che il dolore non sia solo l’espressione diretta di un evento sensitivo, ma piuttosto sia il prodotto di un complesso processo di elaborazione di segnali nervosi svolto dal sistema nervoso centrale.
Se si interpreta il dolore con quest’ottica, è possibile interpretarlo come la modalità sensoriale che può essere utilizzata per informarci che, in una determinata regione del corpo, c’è stato un danno. In questo caso vengono attivati dei recettori sensoriali chiamati nocicettori meccanici, i quali inviano informazioni verso il sistema nervoso centrale (cervello) in risposta a stimoli pressori di elevata intensità. Questo tipo di dolore si chiama dolore nocicettivo.
Il dolore può però informarci anche che c’è stato un danno a livello del sistema nervoso centrale, proprio in quei centri specializzati per l’elaborazione dell’informazione dolorifica, questo tipo di dolore si chiama dolore centrale: in questo caso, la sensazione di dolore spontaneo viene percepita in una regione del corpo anche se su quella parte non c’è stata alcuna attivazione dei nocicettori a causa di un agente esterno che ha generato un danno.
Il dolore centrale rientra in una tipologia di dolore denominato “dolore neuropatico”, in cui rientrano tutte le lesioni dirette del sistema nervoso centrale e periferico.
Per concludere, sia nel dolore nocicettivo, che nel dolore neuropatico, esiste una stretta (diretta) connessione tra il luogo in cui è avvenuto il danno e la manifestazione che ne scaturisce.
Ma, allora, perché alcune persone, dopo la regressione del danno che ha generato un’attivazione dei nocicettori, continuano a provare dolore, oltretutto anche in regioni di corpo diverse da quelle interessate inizialmente dal danno?
Questo avviene perché l’informazione dolorifica (il dolore), proprio in quanto informazione primordiale, arcaica, immediata ed in relazione con gli altri canali informativi, tende ad essere utilizzata dall’individuo per percepire sé stesso nel momento in cui altre informazioni (tattili, pressorie, cinestesiche) non riescono ad essere costruite ed elaborate del sistema nervoso. Il dolore viene messo al loro posto (sostituto) perché il sistema nervoso ha bisogno di sapere che quella parte del corpo c’è, ha bisogno dunque di un feedback sulla presenza di quella parte. Il dolore diventa dunque per il sistema nervoso, o meglio per la persona, un modo di esserci, di percepirsi, di dire “ci sono”, di ritrovare una propria unità.
In questo caso, dunque, non è presente necessariamente un legame diretto tra il sito della lesione e la manifestazione o la localizzazione del dolore.
Il dolore, soprattutto quello di origine neuropatica, non è un qualcosa di nocivo che invade il corpo dall’esterno, dunque non può essere tolto come una scheggia nell’alluce del piede. Il dolore è un’informazione che partecipa alla percezione di se stessi e come tale va trattato. Parte dall’interno e non dall’esterno. E’ un qualcosa che la persona stessa produce e mette in azione per riconoscersi. Quando viene utilizzato per tanto tempo come forma di riconoscimento di sé stessi (ad esempio il dolore cronico alla colonna vertebrale) diventa un comportamento appreso, un modo di essere in relazione con il mondo. Se l’informazione dolorifica rimane presente per tanto tempo nell’ esperienza corporea come principale forma di percezione, questa diventa la modalità predominante per percepire il proprio corpo in relazione col mondo.
Essendo dunque una forma di comportamento appreso e una modalità di conoscenza del proprio corpo, non può essere né combattuto, né sopportato anche qui come qualcosa di esterno ed inoltre non è un qualcosa a cui si è condannati.
La Riabilitazione Neurocognitiva ha lo scopo di guidare il paziente al riapprendimento delle altre modalità informative “perdute” consentendo il loro ripristino nel cervello e ricostruendo la loro importanza nel il sistema nervoso per un’organizzazione motoria sana.
Ciò è possibile grazie alla plasticità del sistema nervoso che permette di imparare nuovamente a percepire il copro in maniera variabile e differenziata attraverso le innumerevoli sfaccettature concesse dal sistema neuro-cognitivo-sensorimotorio in relazione con la mente.